Gregorio di Nissa (da Omelia prima sull’amore dei poveri)

giustizia, Padri della Chiesa Scrivi un commento

Il cristiano di fronte alla miseria
Il tempo presente ci propone una grande abbondanza di nudi e di senza casa. Un esercito di prigionieri di guerra sta alle porte di ciascuno. Non mancano stranieri ed esiliati. Dappertutto si possono vedere mani protese che cercano. Come casa hanno il cielo aperto, come rifugio i portici, i vicoli, gli anfratti deserti delle piazze; come i gufi e le civette, si nascondono nelle crepe dei muri. Per vestiti hanno stracci logori; per mèsse, l’intuizione dei misericordiosi; per cibo, ciò che implorano da chi intravedono per caso; per bevanda, le fontane come gli animali; per coppa, il cavo della mano; per dispensa, il seno, a meno che non sparisca, ma tenga dentro ciò che vi si mette; per desco, le ginocchia ravvicinate; per letto, il suolo; per bagno, il fiume o lo stagno che Dio ha dato a tutti, in comune e senza arte. La vita errante e selvaggia non era stata loro assegnata da principio, ma deriva dalla tribolazione e dalla miseria.

Tu che digiuni, provvedi a loro. Sii generoso nei confronti dei fratelli infelici. Ciò che togli al ventre dallo ai poveri. Il giusto timor di Dio renda uguali: cura con la tua sobrietà due mali tra loro contrari: la tua sazietà e la fame del fratello. Così fanno anche i medici: mettono gli uni a dieta e sottopongono a superalimentazione gli altri, perché con l’aggiunta e con il portare via venga regolata la salute di ciascuno. Lasciatevi persuadere da questa esortazione salutare, la ragione faccia aprire le porte dei ricchi. Il consiglio possa condurre i poveri dai ricchi. Il mio discorso non deve arricchire i poveri. Il verbo eterno di Dio conceda loro una casa, un letto, un desco. Si allevi con un discorso familiare la miseria con le tue sostanze. Ci sono ancora dei malati e sventurati.

Ognuno si occupi dei vicini; non permettere che un altro si interessi del prossimo. Sta’ attento che un altro non porti via il tesoro che ti è stato affidato. Abbraccia l’infelice come l’oro: cura i mali come tua salute, come quella di tua moglie, dei figli, dei domestici e di tutta la casa. L’indigente malato è doppiamente povero. I sani bisognosi, infatti, vanno di por­ta in porta e si dirigono presso i ricchi. Sedendosi ai crocicchi chiamano tutti i passanti. Coloro che sono colpiti da malattia, chiusi negli anfratti come Daniele nella fossa, aspettano te come Abacuc, previdente e amante dei poveri (cf Dn 14, 31-39).
Diventa socio del profeta con l’elemosina. Corri, senza indugio, in soccorso del povero. Il dono non è una perdita. Non temere: il frutto dell’elemosina germoglia in abbondanza. Offri un abito e riempirai la casa di fasci di spighe.

Dirai: Sono povero anch’io. Sarà. Dai. Da’ ciò che hai. Infatti, Dio non chiede oltre le forze. Da’ un pane, a un altro un bicchiere di vino, a un altro un vestito, e così contribuisci a sciogliere la sciagura di uno. Mosè non ha ricevuto da uno solo la spesa della tenda dell’adunanza, ma da tutto il popolo. I ricchi avevano dato chi oro e chi argento, i poveri cuoio, e i più poveri tra loro lana (cf Es 10, 3-5). Vedi come il quadrante della vedova è stato superiore al voto dei ricchi? Quella ha versato tutto quello che possedeva; questi, invece, avevano dato una piccola parte (cf Mc 12, 41-44).

(tratto da Omelia prima sull’amore dei poveri, PG 46)

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